Storie di AquaGranda 2019 | Intervista a Marigusta Lazzari, direttrice della Fondazione Querini Stampalia

09 febbraio 2023
Ad ottobre abbiamo avuto il piacere d'incontrare Marigusta Lazzari, direttrice della Fondazione Querini Stampalia, per parlare con lei del 12 novembre 2019 e delle sue conseguenze per la Fondazione. Questa conversazione è stata l’occasione, fra l’altro, di ricordare lo slancio di solidarietà dei cittadini verso la Fondazione e di condividere, accompagnati dalle parole di Carlo Scarpa, i valori cari ad AquaGranda: il ruolo della comunità e quello delle istituzioni culturali per la città e l’importanza della memoria per costruire un futuro sostenibile. 

VDG: La notte del 12 novembre 2019, Venezia è stata sommersa da un’eccezionale acqua alta. La Querini Stampalia è stata una delle istituzioni più colpite. All’inizio di questo evento, lei dove si trovava ? Come è venuta a sapere delle conseguenze alla Fondazione e come l’ha vissuta ?  

ML: Il 12 novembre, sono uscita dalla Fondazione verso le sette e mezza di sera. Quel giorno era prevista l’acqua alta - chiunque abita e lavora a Venezia sa che l’acqua alta è un fenomeno ricorrente - pertanto ci si era organizzati di conseguenza. Era prevista nei margini di una gestione ordinaria e quindi la Fondazione si era preparata alla chiusura, con una normale attività di prevenzione e con la messa in opera delle paratie.

In realtà, dalle nove e mezza - dieci, a memoria - sono cominciati ad arrivare una serie di messaggi dal Centro Previsioni Maree del Comune di Venezia. Aumentavano la previsione di marea nel giro di pochissime decine di minuti. Era incredibile. Non sembrava possibile. Poi nel giro di mezz’ora è successo tutto. La Fondazione in quel momento era chiusa, ma avevamo personale in servizio e le immagini che ci mandavano erano terrificanti. L’acqua era entrata in tutti gli spazi con violenza e addirittura con la formazione di piccole onde.

Eravamo in contatto telefonico con un gruppo di persone per capire come attivarsi, ma anche chi abitava vicino alla Querini non riusciva ad arrivare in Fondazione. Il Campo di Santa Maria Formosa era completamente allagato. Non si riusciva ad attraversare neanche con gli stivali alti all’inguine. Il vento era fortissimo. Il ponte di Ruga Giuffa aveva scoperto soltanto la parte superiore e un gradino. 

Il mattino dopo siamo arrivati prestissimo e ci siamo trovati a vivere una situazione veramente irreale. La città era devastata. Era tutto per aria, nei negozi, nei supermercati, le strade piene di detriti e sporcizia, tutto chiuso. Un grande silenzio.

Dentro alla Querini era da strapparsi il cuore, perché l’acqua era entrata ovunque al piano terra del palazzo e aveva bagnato tutto con il suo sale e la sua violenza. Tutti gli impianti erano stati spenti e quindi non c’era luce elettrica. Durante i lavori di restauro che nei decenni avevano risanato il pianoterra era stato deciso di alzare il livello del pavimento in modo da portarlo a misura di sicurezza di 1,60 m e questo ci aveva permesso in tutti questi anni di evitare l’invasione dell’acqua. Ma non è bastato per il 12 novembre 2019. La marea a 187 ha portato all’interno 27 cm di acqua. L’acqua ha buttato giù le paratie ed è entrata nei depositi interni, e in quelli esterni. L’acqua del rio, sul quale si affaccia il grande cancello dell’area Scarpa, si è riversata all’interno, coprendo anche il livello del giardino: una situazione drammatica. 

Ha bagnato gli arredi dell'auditorium e il bookshop, gli oggetti contenuti sono stati trascinati via dall’acqua e poi abbandonati quando essa è defluita. 

In quel momento in Area Scarpa era allestita una mostra su una struttura in legno disegnata da Carlo Scarpa proprio per la Sala Luzzatto. Lì l’acqua è entrata per oltre 60 cm.

Le prime cose che abbiamo fatto per gestire l’emergenza, sono state: mettere in sicurezza materiali importanti, cominciare a fare un censimento dei danni e fare un programma di interventi. Tecnici, operai, manutentori, elettricisti chiamati durante la notte, erano già in sede per ripristinare prima possibile le funzioni.

VDG: Subito dopo, in totale 400 volontari sono venuti alla Fondazione per aiutare. Come si è organizzata questa iniziativa? Cosa rivela, secondo Lei, questa mobilitazione solidale ? 

ML: Dal giorno successivo, il 13 novembre, senza che noi facessimo nulla perché ciò avvenisse, sono cominciati ad arrivare in Fondazione decine e decine di giovani, adulti, professionisti per mettersi a disposizione e aiutare.

Abbiamo iniziato ad organizzarci usando tutta la biblioteca come luogo di lavoro per salvare i libri alluvionati. I bibliotecari hanno organizzato i trasporti, le squadre di lavoro, le azioni per asciugare i libri che era possibile salvare. Una serie di procedure come per esempio interporre carte assorbenti tra una pagine e l’altra, cambiate ogni giorno, ma anche il censimento dei danni, la registrazione di quello che stava succedendo e di quello che era successo. Azioni ripetute ogni giorno per molte settimane. 
Abbiamo immediatamente contattato i principali istituti di restauro in Italia che si occupano di recupero di materiale librario rovinato a seguito di alluvioni e fatto una piccola trattativa.

Avevamo l’urgenza di congelare immediatamente i volumi alluvionati in modo che le muffe e le spore non si moltiplicassero sino all’invio alle ditte specializzate per il recupero. Bofrost, contattato, ha risposto subito positivamente. Sono venuti con il loro personale e i loro mezzi in un sabato di pioggia scrosciante, e, insieme al nostro personale e alcuni volontari, sono riusciti a caricare in barca tutto il materiale che è andato in un loro deposito in Friuli ed è stato congelato. 

La situazione era drammatica perché l’acqua alta non è arrivata solo il 12 novembre. Si è ripetuta quasi fino a Natale ma soprattutto nella settimana dopo il 12. Un’acqua alta eccezionale praticamente senza fine. Abbiamo perso un ascensore su tre perché appena ripristinato tornavano a riempirsi d’acqua le fosse tecniche. Gli altri due hanno avuto bisogno di manutenzione straordinaria con ingenti costi. Sono saltati tantissimi impianti e macchinari. I pavimenti si sono imbevuti di acqua salata, ancora oggi, dopo due anni, rigurgitano sale.

È stato fatto un grande lavoro, possibile solo grazie ad una straordinaria mobilitazione. Persone che hanno dimostrato quanto questo luogo stia loro a cuore. Hanno dimostrato il valore di un luogo che è sempre stato importante e centrale nella storia di Venezia, dei veneziani, dei tanti studenti che studiano nelle sale della biblioteca quotidianamente. La Querini Stampalia si è sempre rinnovata nel tempo, non è mai stata un luogo solo antico: da oltre 150 anni accoglie “chi ama i buoni studi e le utili discipline” come ha scritto Giovanni Querini nel suo testamento, con strumenti, atmosfere, linguaggi contemporanei. È un luogo di incontro, di confronto, di rispetto e apertura alla contemporaneità con uno sguardo rivolto al futuro. 

I danni sono stati ingenti: quasi 800.000 euro, che abbiamo per fortuna recuperato integralmente. 
Abbiamo avviato infatti immediatamente una raccolta fondi a cui hanno aderito tantissimi sostenitori e amici. “Vogue Italia” con una campagna speciale ha versato 15.000 euro. Ca’ Foscari è intervenuta con un assegno di 25.000 euro. Tantissimi enti, associazioni, istituzioni, fondazioni private hanno sostenuto la raccolta.

VDG: Qual è secondo lei, il ruolo di un’istituzione culturale così tanto legata alla memoria di Venezia, in un momento come quello dell’acqua alta ? 

ML: Questa mobilitazione è stata un riconoscimento importantissimo per noi. Si lavora, si programmano e si organizzano le attività con spirito di servizio, cercando d'interpretare le esigenze e le emergenze del nostro tempo in modo da rispondere compiutamente a questi bisogni, ma non sempre si è certi di aver raggiunto l’obiettivo e se le nostre azioni hanno ottenuto i risultati attesi. La risposta immediata, spontanea, - chi ci ha aiutato è venuto sentendosi parte del progetto della Querini e con la volontà di dare una mano, di essere partecipi anche di questo grave evento - ci ha fatto veramente sentire amati e sostenuti. È stato un momento di grande emozione e partecipazione, una dimostrazione di appartenenza e riconoscenza nei confronti della Fondazione che è stata fondamentale, importantissima.

Il ruolo della Fondazione in città è determinato sì dal patrimonio librario e artistico importante  della Fondazione, ma anche dalle azioni di valorizzazione, dalle mostre, ricerche, convegni, pubblicazioni che vengono proposte. Oltre alle tante storie che raccontiamo a partire dalle opere d’arte pittoriche e librarie, abbiamo continuamente aggiornato i servizi e gli allestimenti rendendo questo luogo sempre più accogliente e inclusivo. Attraverso la membership e la corporate condividiamo con le persone e le aziende l’idea che la cultura sia fondamentale anche per il vivere quotidiano. Stiamo facendo un lavoro di recupero di storie legate alle attività anche industriali che ritroviamo nei documenti del Quattrocento, Cinquecento e Seicento e che facciamo rivivere collegandoli al presente che viviamo. Utilizziamo documenti che fino ad oggi sono stati visti e consultati solo da esperti, che tantissime persone non conoscono e non hanno mai visto, per parlare di questioni attuali, contemporanee. 

Non esiste futuro senza passato. Dalle esperienze fatte possiamo imparare molto se abbiamo la capacità di interpretarlo in modo lucido, attualizzando il messaggio e lavorando il futuro. 

Rispettare la città, le sue pietre, la luce, l’acqua, le sue tradizioni, la sua storia. La Fondazione ha sempre avuto cura di questi valori e ha usato la bellezza e la qualità di cui è parte come programma educativo. Gli amministratori di questo luogo hanno svolto un lavoro veramente straordinario. Sono stati esempi di rettitudine, di proiezione visionaria e anche di rispetto, sempre stato un valore importante in questo luogo. Rispetto anche per le persone che usano la Fondazione, rispetto per il servizio che siamo tenuti a dare, rispetto per il mandato del fondatore. È una cosa che io, appena entrata, sentivo ripetere continuamente e che poi ti entra dentro… diventa una modalità del fare. 

VDG: A tre anni di distanza, come possiamo descrivere la situazione attuale? 

ML: I lavori sono praticamente finiti. I pavimenti continuano ad espellere il sale e alcuni danni sulle murature si evidenziano solo oggi. I lavori in area Scarpa che necessitavano di progettazione e autorizzazioni degli enti competenti sono finiti da poco. Possiamo quindi dire che oggi tutto è stato ripristinato.

VDG: In una lettera, l’architetto Carlo Scarpa ha scritto a proposito dello spazio al piano terra che ha concepito per il restauro della Fondazione: “dentro, dentro l’acqua alta; dentro come in tutta la città. Solo si tratta di contenerla, di governarla, di usarla come materiale luminoso e riflettente: vedrai i giochi di luce sugli stucchi gialli e viola dei soffitti. Una meraviglia!”. La Querini ha un rapporto molto particolare con l’acqua alta. Cosa ne pensa Lei, in qualità di direttrice dell’Istituzione? 

ML: Questa citazione ci è venuta in mente tante volte dopo l’acqua alta perché è una frase bellissima, ma in quel frangente è stata terribile. Nel momento in cui Scarpa parla dell’acqua alta, parla della città e del ruolo che riveste la Querini a Venezia. La trasparenza che Scarpa realizza nel suo intervento sottolinea quanto le attività che sono fatte dentro alla Querini siano attività fortemente coese con la città e quanto tutto quello che succede dentro alla città sia parte del fare della Querini, assolutamente coincidente e interessante per entrambe le parti. La trasparenza, il gioco di luci (basta visitare l’Area Scarpa in una giornata di sole verso le due del pomeriggio), questa meraviglia di cui Scarpa parla, è una magia che si ripete tutti i giorni.

Oggi, dopo questa esperienza e il lockdown Covid che è seguito ci chiediamo: quale città vogliamo e cosa bisogna fare perché Venezia possa essere città e non museo? Quale residenza per Venezia? È cambiato il mondo e sono cambiate le modalità di vivere una città. Venezia è di per sé una città sostenibile: una città dove si cammina a piedi, dove la natura è parte integrante dell’architettura, è costruita su una foresta piantata sull’acqua. Durante il lockdown abbiamo visto pesci, anatre, delfini riappropriarsi della laguna e dei rii. Noi stessi, passeggiando in una Venezia deserta, come nessuno mai l’aveva potuta vedere prima, ci siamo resi conto di quanto essa sia eccezionale. Un esempio virtuoso di sostenibilità. Va rivista l’idea di città. I nuovi residenti possono essere giovani, famiglie, lavoratori mobili che lavorano per un anno o sei mesi qui e poi si spostano, ma che hanno bisogno di tutti i servizi di prossimità che servono a un residente, ad una famiglia. Venezia è una città universitaria, con, oltre a Ca’ Foscari e IUAV, anche il polo universitario di San Servolo, quello del Global Campus of Human Rights. Oltre 30.000 studenti che vivono la città e i suoi servizi. Sono tante le attività che oggi possono contribuire a costruire un futuro straordinario per Venezia. Solo devono essere progettate, incentivate, gestite. 

Valentine De Gobbi

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Progetto vincitore della Menzione Onoraria 2023

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